Con il termine italiano canapa si intende l’intero genere di questa pianta. Ci sono peròtre varietà di cannabis da considerare:indica, sativa e ruderalis. La Canapa ad uso tessile è la sativa che contiene quantità di THC troppo basse per essere fumata. Alla base di questa distinzione sta tutto il pregiudizio ormai creatosi intorno a questa pianta e la fibra tessile che se ne ricava.
Nella lingua inglese c’è maggior precisione e si utilizza il termine hemp proprio per indicare la tipologia di canapa utilizzata per il tessile e per le industrie e distinguerla dalla varietà più nota quella indica. Nel linguaggio colloquiale è possibile che la parola hemp sia usata anche per intendere la varietà di cannabis da fumare invece, insieme a molti altri termini colloquiali come marijuana e molti altri.
La storia della canapa tessile inizia migliaia di anni fa. Gli archeologi hanno trovato le prime tracce di tessuti in canapa in Cina (8000 a.C.) e Kazakistan (4000 a.C.). La fibra ricavata da questa pianta fin dall’antichità non era però da subito utilizzata per produrre prodotti tessili per vestiti, ma bensì vele e cordame per le barche.
Una curiosità legata a questo è che il tessuto utilizzato inizialmente per le vele prende il nome di canvas proprio a partire dal termine cannabis. Diventò importantissima per questo nel periodo dei viaggi coloniali per mare, successivi alla scoperta dell’America. Dopo essere stata usata quindi per migliaia di anni per molteplici utilizzi, dal campo navale fino alla carta, nell’ultimo secolo la storia della canapa è stata molto travagliata nel mondo. In molti paesi tra cui Stati Uniti e Italia, con varie leggi si è iniziato ad associare tutte le varietà di canapa alla più famosa marijuana e a vietarne o scoraggiarne la coltivazione.
Situazione americana:
“Il 14 giugno 1937 il presidente Roosevelt firmò il Marijuana Tax Act, emanato dal Congresso degli Stati Uniti d’America, che di fatto impediva la coltivazione di qualsiasi tipo di canapa, anche a scopo medico, campo in cui era stata per secoli ampliamente utilizzata.
[..] Nel 1961, con il Single Convention Drug Act, l’ONU classifica ufficialmente la cannabis come stupefacente. Determinanti furono le pressioni degli USA. Il rappresentante americano della Commissione ONU per le droghe stupefacenti era Harry Anslinger. Nel dicembre del 2020, l’ONU riclassifica ufficialmente la Cannabis, rimuovendola dalla cosiddetta Tabella IV delle droghe pericolose (come eroina e cocaina) e riconoscendone il valore terapeutico. “
Da Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Marihuana_Tax_Act
Situazione Italiana:
“Nel 1975 quando fu inasprito il divieto della coltivazione della canapa indiana Cannabis indica e nello stesso tempo messe in atto severe normative per la canapa tessile, il settore fu del tutto abbandonato. Una difficoltà alla coltivazione, con il restringimento della normativa contro gli stupefacenti, è data dalla somiglianza morfologica delle due specie di cannabis, nonostante la profonda diversità di contenuto di THC (tetraidrocannabinolo) il principio con effetti stupefacenti.
Il quadro normativo è cambiato con l’accresciuta sensibilità per le produzioni agricole non alimentari, i migliorati processi produttivi e soprattutto per l’adozione di norme dell’Unione europea; quest’ultima con regolamento CEE n 1164 del 1989 prevedeva l’erogazione di un contributo comunitario pari a lire 1.300.000 per ettaro. In contrasto, però, proprio negli stessi anni veniva emanato in Italia il DPR 9 ottobre 1990 n. 309 recante il “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti” che menzionava il divieto di coltivazione della cannabis indica e nulla diceva a proposito della cannabis sativa, l’interpretazione quindi era stata quella dell’estensione del divieto. I successivi regolamenti CE n. 1672/2000 e 1673/2000 ribadivano le sovvenzioni comunitarie e le autorità italiane si dovettero adeguare alle regole europee. Da qui i primi tentativi di reintroduzione della coltura: 290 ettari nel 2002, 857 ettari nel 2003, 1.000 ettari nel 2004 con presenza in Emilia-Romagna, Piemonte e Toscana.”
Da Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Canapa_(tessile)
E’ stata così ridotta la coltivazione e conoscenza intorno a questa pianta dalle mille risorse e ripresa la coltivazione su larga scala solo negli ultimi trent’anni in Italia.
Il 2 dicembre 2016 è stata promulgata lalegge n.242dal Parlamento italiano che ha questo titolo: “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa.”
Questa leggeincentiva nuovamente la coltivazione di cannabis sativadi cui l’Italia è stata per secoli insieme alla Russia uno dei maggiori produttori.
Nell’articolo 2 della legge sono specificate le finalità per cui è consentita la coltivazione;
Per ottenere la fibra a partire dalla pianta, si applica un processo simile a quello del lino. La parte da cui viene estratta la fibra tessile è la più interna allo stelo della pianta che dopo essere estratta viene tenuta a macerare prima di diventare fibra tessile come per la pianta del lino. Dalla stessa pianta si ottengono scarti; la stoppa e in più la parte legnosa, o canapolo che vengono utilizzati tra gli altri anche per la produzione di carta, e anche nell’edilizia.
La pianta di cannabis sativa è particolarmente resiliente a condizioni avverse, cresce e prospera anche su terreni poveri o contaminati. E’ una pianta usata infatti anche per la bonifica dei terrenio coltivata nell’ambito della rotazione delle colture, perché lascia il terreno ricco di proprietà. Dato che non necessita di grandi cure per crescere e lo fa ad una velocità piuttosto rapida, è una pianta adatta a paesi in via di sviluppo, che non sarebbero in grado di coltivare altre piante da cui si ricavano fibre tessili per gli alti costi del loro mantenimento.
Per secoli la canapa è stata usata per la produzione della carta. La fibra e il legno di canapa sono già di colore bianco, la carta che se ne ricava è dunque già stampabile.
E’ questo quindi un processo decisamente più ecologico rispetto a quello che serve per ottenere carta dalla cellulosa del legno di alberi. Per fare ciò infatti vengono utilizzati una grande quantità di sostanze inquinanti non necessarie per il legno di canapa, per il quale è sufficiente un trattamento con acqua ossigenata per renderla completamente bianca, invece dei composti a base di cloro necessari per la carta ricavata dal legno di alberi. Ad oggi si è tornati ad utilizzare la canapa per carte particolari e di pregio.
Un esempio di aziende italiane che producono filati e tessuti in Canapa è Maeko Tessuti.
L’azienda italiana di tessuti sostenibili, ha rimesso in vita delle realtà italiane nel campo dei filati e ha deciso di puntare sulla fibra di canapa e di ortica con il progetto Rifloc di cui sono i fondatori.
“L’obiettivo di questo progetto è ricostruire la filiera della canapa e dell’ortica in Italia, a partire dalle piantagioni biologiche già attive. Tutto ciò con l’obiettivo di ottenere una buona fibra da utilizzare come base per filati e tessuti ecologici Maeko.”
Dal sito Maeko vediamo qualche informazione in più sulla struttura della fibra tessile estratta dalla canapa:
“Strutturalmente la fibra della canapa è cava e igroscopica, una combinazione perfetta da cui si ottiene un filato dall’elevata capacità termoisolante e traspirante insieme, che si comporta come la lana: fresco d’estate e caldo in inverno. Tra le fibre naturali più resistenti alla lavorazione tessile, la canapa consente di realizzare un tessuto resistente all’azione meccanica, all’usura, agli strappi ed alle deformazioni più di ogni altro tessuto naturale. I tessuti di canapa uniscono alla robustezza la morbidezza, consentendo cosí di ottenere indumenti particolarmente comodi e confortevoli.
I tessuti ottenuti dalla pianta di canapa sono dotati anche di altre proprietà molto interessanti: riflettono i raggi ultravioletti, schermano dai campi elettrostatici, non conducono l’energia elettrica, non irritano la pelle perché sono anallergici e tengono lontani i batteri dalla superficie del nostro corpo perché sono antisettici.”
Tra le aziende produttrici di filati in canapa più antiche e longeve in Italia va citato il Linificio e Canapificio Nazionale. Già nel 1876 il Linificio e Canapificio Nazionale era una società quotata in borsa e ad oggi produce filati in lino e canapa per tessitura ortogonale e maglieria molto pregiati, con sempre un occhio attento alla tradizione ma anche all’innovazione per quanto riguarda le fibre naturali con cui lavora.
Un’azienda con cui collaboriamo come maglificio che utilizza la fibra di canapa è il Cotonificio Olcese Ferrari. Quest’ultimo nella sua collezione estiva propone un filato misto canapa e viscosa bamboo. Il bamboo è un’altra fibra sostenibile davvero sorprendente, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, alcuni mesi fa. Il filato in oggetto si chiama Hempy di titolo un nm 13500, filato quindi per maglieria per finezza 12 utilizzato ad un capo in maniera standard.
Elenco di alcuni dei settori in cui la canapa è utilizzata:
• Tessile e packaging: usata per fabbricare corde, tele, sacchi, tappeti, accessori e abbigliamento
• Bio-carburante: la canapa è ideale per la produzione di combustibili da biomasse come l’etanolo, il carburante alternativo al petrolio
• Bio-edilizia: la canapa, unita alla calce, è un buon isolante termico
• Bio-plastiche: dalle fibre è possibile produrre plastiche meno inquinanti sia per il processo di creazione che per lo smaltimento
• Carta: con la cellulosa della canapa è possibile produrre enormi quantità di carta
• Cosmetica: l’olio di canapa ha proprietà antinfiammatorie e rigeneranti ottime per la pelle
• Antibatterico: varie sostanze chimiche che si trovano nella canapa hanno proprietà antibatteriche e antifungine, è molto usata negli ospedali americani per combattere la diffusione delle infezioni da stafilococco.